Nel tempo presente, dominato da linguaggi digitali, installazioni immersive e algoritmi generativi, parlare di pittura figurativa può sembrare un gesto inattuale, un retaggio del passato.
Eppure, mai come oggi, la figura umana torna al centro di una necessità: essere vista, sentita, contemplata.

Dalla crisi della figura alla sua ricomparsa

Nel secondo Novecento, la figura sembrava destinata all’oblio. Le avanguardie, le provocazioni, la Merda d’artista, l’arte concettuale e l’iperproduzione fotografica avevano decretato l’inutilità del corpo dipinto.

«Ogni generazione è a un certo momento in rivolta contro i canoni dei predecessori; ogni opera d’arte fa appello ai contemporanei non solo per ciò che fa, ma anche per ciò che lascia da fare.»

(Gombrich, La Storia dell’Arte, Phaidon, ed. italiana Einaudi, Prefazione)

Questa riflessione ci aiuta a comprendere perché la pittura figurativa di oggi, lungi dall’essere un ritorno nostalgico, sia in realtà un dialogo attivo con la tradizione, che affida al presente nuove possibilità espressive.

Molti artisti tornano alla figura come gesto di resistenza visiva. Non per ripetere il passato, ma per ricostruire un rapporto concreto e sensibile con la materia del visibile. La pittura figurativa si offre come spazio di prossimità, in un’epoca che tende alla distanza.

Il gesto del pittore come atto di presenza

La pittura figurativa non è solo un linguaggio visivo. È un gesto incarnato, una pratica lenta e meditativa che si oppone alla cultura compulsiva della visione digitale.

Il gesto pittorico autentico non si limita a registrare un’immagine, ma cerca presenza. La diffusione dell’iperrealismo, in questo senso, mi appare come una risposta frigida a tale ricerca. Resta, tuttavia, un tentativo — forse il più tecnicamente ambizioso — di risolvere il rapporto tra arte e reale nel tempo moderno.

La figura, per me, non è solo soggetto: è soglia, memoria, carne che porta con sé un tempo altro.

Questa forma di resistenza non è retroguardia, ma esercizio di profondità in un mondo orientato alla superficie.

La mia posizione nel dibattito

Nella mia pittura figurativa, il corpo non è mai semplice rappresentazione, ma luogo di trasformazione. Non dipingo per imitare la realtà, ma per trasfigurarla poeticamente.

Cerco una figura viva, interiore, che respiri luce e silenzio. Una pittura che non grida, ma ascolta. Che non spiega, ma rivela.

Questo è, per me, il senso del figurativo oggi: non ritorno, ma ritorno cosciente. Non stile, ma atto di presenza critica. Non posa, ma immagine abitata.

Invito alla lettura

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Particolare realistico del volto maschile con espressione intensa, dal dipinto "Enigma" di Francesco Fieni